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Millemila sfumature di interculturalità

L’importanza di viaggiare per comprendere la “diversità”

Interculturalità. Non è semplice approcciarsi a questa parola, comunemente sentita e risentita ma che assume tante di quelle sfumature, così diverse per ciascuno, da perdersi nelle tonalità di un mondo contemporaneo eterogeneo, ampio, sempre più dinamico e veloce, quasi più dei nostri pensieri.

Quello di cui voglio parlarvi oggi è pertanto la mia personale prospettiva, in quanto “Gaia”, una comune ragazza di diciotto anni che ha avuto la speciale opportunità di trascorrere un semestre all’estero. Non preoccupatevi, non vi annoierò con la mia esperienza francese. Menziono l’Exchange come semplice punto di partenza, poiché è riuscito a parlare dritto al mio cuore, e, senza nemmeno rendermene conto, in punta di piedi, ad insegnarmi tutto lo spettro di valori che dipingono la parola “diversità”, strettamente connessa al concetto di “interculturalità”.

Quando parti pensi di essere solo con te stesso. Quante volte vi siete sentiti dire “Wow, vai all’estero, così almeno imparerai ad essere più autonomo/a ed indipendente, non avrai nessuno lì con te!”. Innegabilmente sì, l’esperienza è fatta anche di questo, ma non solo. Spesso in questo genere di scambi ci si ritrova inevitabilmente a confrontarsi, non soltanto con la cultura del Paese da te “selezionato” o soltanto con italiani all’estero, ma soprattutto con un ventaglio di culture differenti. Mi sono ritrovata infatti, ben presto, in un confuso melting pot: fra un discorso in messicano accanto a me, ragazzi che mangiavano cibo giapponese, chi parlava di salmone norvegese, chi della politica di Trump e chi di quanto freddo facesse in Danimarca, e potrei andare avanti così per ore. E’ normale sentirsi inizialmente disorientati, tanto da dimenticare il proprio nome, perché è lì che pensi “Caspita, è come avere tutto il mondo a portata di mano.”

E già, è proprio così, “tutto il mondo a portata di mano” è questo il primo significato che darei ad “interculturalità”. E’ quel momento in cui potresti essere nessuno e chiunque, in cui sei con perfetti estranei che hanno visto e vissuto cose diverse da te, che hanno visioni della realtà diametralmente opposte, che non hanno mai neppure immaginato la tua vita, ma che in qualche modo, quando lo scambio avviene correttamente, sembra che si aggancino alle corde più profonde di te stesso con una connessione unica: quelle delle anime, come se i loro cuori battessero in sincronia con il tuo, tutti “sulla stessa barca”, ad affrontare le stesse sfide, ad essere fratelli e sorelle in quella realtà ignota. Come un mosaico di pezzi diversi che si incastrano alla perfezione. Certo, gioco essenziale è il “mindset” con cui parti. E’ fisiologico avere paura, paura di non essere accettato, paura di non piacere, di non farti degli amici, semplicemente di uscire dalla tua “comfort zone”, ma è soltanto accettando la sfida che si arriva ad avere un contatto diretto con la diversità. Vederla come barriera o come ostacolo che si interpone fra me e l’altro è come mettere un filtro all’umanità stessa, privandosi dell’opportunità di arricchirsi, di vedere a colori un mondo in bianco e nero, imparando, ma anche, perché no, insegnando qualcosa delle tue radici e della tua cultura, creando così una sintesi unica. E’ proprio questo che ti rende una persona diversa quando torni a casa, con una valigia colma di ricordi, che ti riempiono gli occhi di gioia ma al tempo stesso di nostalgia dolceamara. Ecco, l’interculturalità per me è quello che ti fa cambiare, che ti apre nuovi orizzonti senza mai farti dimenticare chi sei, anzi, apprezzandoti sempre di più, fondendo ed intersecando indissolubilmente la tua strada con quella di persone che vivono a km di distanza da te.

Molteplici saranno i sentimenti che proveremo nel “pre”, nel “mentre”, e nel “post” contatto con la diversità. Ritengo, per queste motivo, arricchente affidare le nostre esperienze alla forza della parola scritta, così da “fotografare” le nostre emozioni per consegnarle ai noi stessi di qualche anno dopo.

Mi piacerebbe pertanto, condividere e soprattutto farvi condividere le vostre di lettere, da quella che siamo “obbligati” a scrivere quando partiamo, come biglietto da visita per l’ “ignoto”, ma soprattutto quella che maturiamo interiormente al ritorno, che racchiude cambiamenti e memorie di un vero e proprio vissuto.

E’ vero dunque, l’interculturalità è spesso un rischio, un salto nel vuoto in un mondo che non si conosce: è un’autentica scommessa.

Per me, vi assicuro, è stata la scommessa più vantaggiosa della mia vita.

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