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Il confine del Mondo e il paese delle meraviglie

Spesso ritratto come un paese bizzarro e incomprensibile, è inutile negare quanto a noi occidentali piaccia trattare il Giappone come una creatura leggendaria. A seconda di come la si guardi, cambia forma e colore, ingannando l’occhio di chi la osserva. E proprio come un animale fantastico, da sempre,  il Giappone affascina e inquieta l’animo di molti stranieri.

Da una parte, abbiamo le “genti bianche, di bella maniera” menzionate da Marco Polo nel Milione, indipendenti da qualsiasi nazione straniera. Abbiamo città all’avanguardia, sviluppo economico e una cultura pop conosciuta e apprezzata ormai in tutto il mondo. Dall’altra parte, si annidano storie di suicidi, perversioni sessuali, isolamento sociale e fenomeni che, una volta decontestualizzati, sembrano non avere alcun senso.

Superfluo ricordare che, come in ogni altra nazione, anche in Giappone convivono lati positivi e negativi, luci e ombre. Eppure, quando si tratta di Giappone, pare che stereotipi e pregiudizi non si sprechino. In particolare, sembra esserci un’idea comune che attira sempre l’attenzione e si erge su tutte le altre: quella che vede il Giappone come il paese “strano” per eccellenza.

Basta una breve ricerca online per notare come i media occidentali e molti dei sedicenti esperti di Giappone abbiano la tendenza a dipingere il paese come un ricettacolo di assurdità inconcepibili al nostro caro e vecchio buon senso occidentale. È quasi come se, a prescindere dalla sua modernità, dal suo progresso scientifico e tecnologico, dal suo sistema democratico, il Giappone non riuscisse a scrollarsi di dosso quest’aura di mistero che gli abbiamo affibbiato.

E se invece provassimo a guardare il problema da una prospettiva diversa? 

Una teoria interessante afferma che il motivo della perplessità che molti occidentali provano nei confronti del Giappone non risieda esclusivamente negli aspetti che lo distinguono da paesi a noi più vicini sia geograficamente che storicamente, ma anche nei fattori che lo accomunano a noi. In altre parole, sarebbe anche in virtù della sua somiglianza ai paesi occidentali che il Giappone viene percepito come distante e spesso incomprensibile.

Questo concetto apparentemente poco intuitivo è illustrato in maniera più esplicativa da una teoria conosciuta come “Uncanny Valley Effect”, sviluppata da uno studioso giapponese nell’ambito della robotica. 

Quello della Uncanny Valley è un concetto introdotto per la prima volta negli anni ’70 da Masahiro Mori, allora professore al Tokyo Institute of Technology. Mori notò come la maggiore somiglianza di un automa a un essere umano corrispondesse a un crescente senso di familiarità e piacevolezza da parte dell’osservatore. In pratica, tanto più i robot appaiono simili a noi umani, tanto più ci sentiamo a nostro agio a interagire con essi. Tuttavia, questo fenomeno si verifica solo fino a un certo punto. Mori osservò infatti che un realismo estremo generava esattamente l’effetto opposto: una sensazione d’inquietudine e repulsione. Mori coniò il termine “valle perturbante” (uncanny valley) per descrivere il fenomeno.

Tornando all’argomento di questo articolo, sarebbe interessante chiedersi se nella percezione di noi occidentali, il Giappone occupi uno spazio metaforico all’interno di questa valle perturbante e se sia questo uno dei motivi per cui il paese desta ancora tante incomprensioni. 

Come abbiamo già detto, il Giappone è a tutti gli effetti una nazione del primo mondo, che in termini economici e scientifici non ha nulla da invidiare agli Stati Uniti o all’Europa. A primo impatto, ci ricorda in tutto e per tutto un paese occidentale, così come un automa potrebbe apparire identico a un essere umano. 

A differenza di Europa e Stati Uniti, però, il Giappone si fonda su un tradizione che poco o nulla ha a che fare con le radici greco-romane e cristiane che contraddistinguono buona parte, se non la totalità, dei paesi cosiddetti “moderni”. 

A partire dalla fine del XIX secolo, i giapponesi riorganizzarono chirurgicamente la nazione, ammantandola di modernità al fine di raccogliere i frutti del progresso ed evitare di essere colonizzati. Ciò avvenne inizialmente durante la restaurazione Meiji e subì una seconda fase dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia, nel fare ciò, cambiarono solo le parti della società che sembrava necessario cambiare.

Di conseguenza, ancora oggi il Giappone incorpora in sé la familiarità di una nazione moderna, ma anche, almeno allo sguardo di molti stranieri, una grande componente di ignoto e mistero. 

La cultura giapponese si aggira dunque come una strana creatura in questa valle misteriosa, che la fa apparire spesso indecifrabile agli occidentali.

Sebbene questa ipotesi ci possa apparire affascinante e possa in effetti costituire uno spunto di discussione stimolante, è importante sottolineare che non ci troviamo davanti né a un robot né a un automa. Il Giappone è un paese con la sua storia e le sue complessità che andrebbero approfondite e studiate da chiunque si approcci a questo paese. 

Inoltre, è bene ricordare che la percezione di una cultura o di una nazione sono destinate a cambiare nel corso del tempo e non corrispondono quasi mai alla realtà dei fatti. È quindi una buona idea non fermarsi alla prima impressione, ma contestualizzare sempre ciò che vediamo e leggiamo. Così facendo, scopriremo che ogni cultura, da quella più remota a quella più familiare, nasconde in sé tratti bizzarri e apparentemente insensati e che è proprio questa diversità a rendere il nostro mondo interessante e degno di essere esplorato.

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