L’altro giorno mi sono imbattuta in un articolo dell’Internazionale che citava un cantante reggae ivoriano, Tiken Jah Fakoly, che usa i suoi brani per “risvegliare la coscienza del popolo africano, per unire le voci in un unico grido e portare alla consapevolezza”. Inneggia alla rivoluzione, rivendica diritti non garantiti da tempo, chiede la vera e totale libertà dall’ingerenza europea.
Sono tutte tematiche che mi sono trovata ad affrontare recentemente per un esame dell’università; “Storia e istituzioni dell’Africa contemporanea”. Sarà forse per questo che mi sono subito interessata e sono andata a leggere i vari testi.
Alcuni mi hanno colpita più di altri; in tutti Tiken diventa il simbolo della continua lotta dell’Africa alle ingerenze straniere, alle ingiustizie sociali e ai pregiudizi ormai datati. Nel corso universitario abbiamo parlato del concetto di “afropessimismo”, un sentimento che si sviluppa, spesso anche inconsciamente, dentro la nostra mente, e che porta a considerare il continente africano come un luogo arretrato, povero e mancante di stimoli e innovazioni. Ciò non significa che le immagini di fame e povertà che vengono mostrate negli articoli di giornale e nelle inchieste televisive, complici della crescita del sentimento prima citato, non siano vere; i problemi ci sono, spesso anche gravi, ma la soluzione non può più essere il continuo controllo, l’ingerenza e l’imposizione straniera. Come dice Tiken in “African revolution” ciò che serve è l’educazione, è l’insegnamento della storia, è partire dal passato e costruire un futuro di fondamenta ed origine veramente africane. “Go to school my brother, And learn what they are doing, It will open up your eyes, To the people’s situation, You will understand very soon, All the problems of your nation.” (traduzione: vai a scuola fratello mio, e impara cosa stanno facendo, ti aprirà gli occhi sulla situazione delle persone, tu capirai molto presto tutti i problemi della nostra nazione.)
Il panafricanismo di cui si fa portavoce riprende le istanze di Du Bois e Garvey, facendo proprie le parole di solidarietà, armonia ed unione tra etnie e gruppi diversi, al di là dei conflitti e delle divergenze. Fu proprio su questi fattori che i grandi imperi coloniali dell’800, secondo il principio del divide et impera, facevano leva per mantenere il controllo, evitando che si maturasse una coscienza nazionale, e si costruisse una vera società civile, legata da un’idea di cittadinanza e identità comune. Tiken dice no, con le sue canzoni cerca di lanciare un monito, un invito all’unione e alla collaborazione; “Mais je chante pour ne pas accepter, Je chante pour ne pas accepter, Je dis non, je dis non en chanson”. (traduzione: ma io canto per non accettare, io canto per non accettare, io dico no, io dico no con una canzone.)
La condizione dell’Africa attuale deriva in larga parte dalle promesse disattese dei vari governi, nazionali e non; “Les hommes de nos jours sont fourbes, Les politiciens sont des menteurs nés, L’homme aujourd’hui est hypocrite, L’homme de ce siècle ne respecte pas ses promesses.” (traduzione: gli uomini dei nostri giorni sono furbi, i politici sono dei bugiardi nati, l’uomo di oggi è ipocrita, l’uomo di questo secolo non rispetta le promesse.). Tiken critica duramente la figura dei politici, uomini furbi che promettono grandi cambiamenti alle elezioni, per poi cambiare il discorso ed i programmi, tradendo la fiducia e le aspettative del proprio popolo.
La Costa D’Avorio ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960, il cosiddetto “anno dell’Africa”, mantenendo però contatti economici con il paese europeo, in modo da trarne vantaggio e soprattutto aiuti finanziari al settore agricolo. La dipendenza economica che ne è derivata ha portato il paese ad un regime di post condizionalità simile per certi versi a quello Tanzaniano, i cui effetti si sono mostrati negli anni ’80, gli anni della crisi. Il crollo del prezzo delle materie prime esportate sul mercato internazionale, il divario tra sviluppo economico e sviluppo sociale e l’aumento delle diseguaglianza hanno colpito duramente il paese africano, insieme al resto del continente, costringendolo ad aumentare le importazioni e le richieste di aiuti finanziari da parte dei donatori internazionali. I tentativi di differenziazione economica o attuazione di politiche neoliberiste, imposte dai principali donatori, come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, come condizione necessaria per ricevere degli aiuti, sono falliti; il paese ancora oggi si basa prevalentemente sul settore primario, con la produzione di banane, cocco, cotone, ananas…
“Le pays va mal, Mon pays va mal, L’armée est divisée, La société est divisée, Les étudiants sont divisés, Même nos mères au marché Sont divisées” (traduzione: il paese va male, il mio paese va male. L’esercito è diviso, la società è divisa, gli studenti sono divisi, anche le nostre madri al mercato sono divise); Tiken in “Le pays va mal”, non si limita alle condizioni economiche del suo paese, ma si spinge oltre. La società tutta è divisa, l’esercito, gli studenti, Nord-Sud; non ci sono rimedi contro l’ingiustizia, il tribalismo, la xenofobia e il concetto di “ivoirité”, per cui solo chi è davvero originario della Costa d’Avorio può essere considerato un suo cittadino ed accedere ai pieni diritti. Tiken mostra di conoscere i veri problemi del paese, e cerca di mostrarli anche ai suoi compaesani.
I toni critici aumentano nel testo di “Françafrique”, una delle canzoni che più mi ha colpito per la consapevolezza che ne emerge, e per la frustrazione per un evento che perdura dall’800, il colonialismo francese, americano ed europeo; in generale il colonialismo tutto. “La politique France Africa, C’est du blaguer tuer, Blaguer tuer, La politique Amerique Africa, C’est du blaguer et tuer, Blaguer et tuer”. (traduzione: la politica franco-africana è scherzare ed uccidere. La politica americo-africana è di scherzare ed uccidere).La politica degli stranieri è di “scherzare ed uccidere, scherzare ed uccidere”; ripete più volte queste due parole. E continua descrivendo brutalmente la situazione attuale; gli vendono le armi e poi si stupiscono se l’africa è ancora in guerra, gli rubano le ricchezze e sostengono le dittature, per farli morire di fame e seppellirli vivi. Tiken non perdona niente, elenca sicuro e in modo duro i vari punti delle politiche europee.
Spesso nelle immagini di bambini tristi, ospedali da campo improvvisati, madri affamate, che ci vengono mostrate alla televisione, sempre per creare quel senso di Afropessimismo, ci si dimentica i motivi per cui si è giunti a quello, ci si dimentica di essere in qualche modo responsabili.
Bisognerebbe ascoltare più spesso canzoni come quelle di Tiken, senza limitarsi al sound o al ritmo, ma interiorizzando le parole, ed usarle per muovere le nostre azioni. E forse poi bisognerebbe anche ascoltare più spesso “Ebony and Ivory” di Stevie Wonder e Paul McCartney, cosi da ricordarci che “l’ebano e l’avorio vivono insieme in perfetta armonia, uno di fianco all’altro sulla tastiera del piano. Perché noi no? Sappiamo tutti che le persone sono uguali ovunque si vada, c’è del buono e del cattivo in ognuno, e dobbiamo solo imparare a vivere insieme, a darci uno all’altro, in perfetta armonia, come ebano e avorio.”
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